Dal passato si origina il nostro futuro
Si dice che un popolo che ignori le sue radici non possa avere un futuro, e che se non conosciamo il passato siamo destinati a riviverlo, ma io credo ci sia un grosso equivoco a riguardo.
Quando ricordiamo gli eventi storici significativi e i grandi drammi in particolare – guerre, stermini, genocidi – anche se nelle intenzioni il nostro agire vuole essere un monito affinché mai più si ripetano, non facciamo altro che perpetuare l’energia di quei tragici accadimenti.
A un livello più sottile ricontattiamo tutta la sofferenza che hanno originato e la riprovazione per chi reputiamo responsabile, e in maniera inconsapevole la portiamo nel presente, nel quale creiamo un futuro basato sugli stessi modelli di pensiero (per esempio l’eterno dualismo vittima-carnefice).
La “verità” è ciò che si crede tale
Nemmeno mi soffermo, ora, su quegli avvenimenti che appaiono nebulosi o palesemente inventati, seppur presentati come certezze e verità assolute. E magari assurgono al ruolo di capisaldi della civiltà attuale, che non si deve osare mettere in discussione… Oppure, all’opposto, che vengono falsificati, censurati e cancellati dalle cronache ufficiali.
Perché non è vero ciò che è vero, ma è vero ciò che si crede vero (o che qualcuno con un minimo di autorità, alla quale ci siamo sottomessi, ci ha fatto credere tale).
Cosa fare, dunque? Mi è capitato talvolta di sostenere che dovremmo astenerci dallo studiare la Storia e cessare di prenderla come esempio, oltre che metterla costantemente in dubbio: affermazione provocatoria, considerando il mio background. Eppure, per il nostro attuale livello di coscienza, sarebbe in qualche modo salutare. A meno che…
A meno che l’uomo non riesca a eludere le trappole della sua mente, che classifica, divide, giudica e imita senza creare nulla di nuovo, se non il ripetitivo scorrere degli eventi e il concetto stesso di tempo (ma qui allargheremmo troppo il discorso).
Assenza di giudizio e discernimento
Solo se fossimo in grado di accostarci al passato, specie quello doloroso, privi di giudizio, con distacco, come un osservatore neutro che separa i fatti dagli stati emotivi e sa distinguere tra realtà oggettiva, sovrastrutture fittizie e opinioni interessate o di comodo, allora sì che la Storia diventerebbe davvero Magistra Vitae!
È il discernimento che ci difetta e sono le emozioni il gancio fatale che ci impedisce di creare una sana distanza: ma esse non hanno vita propria, rappresentano semplicemente il prodotto delle nostre credenze, la risposta biochimica alle idee che abbiamo (che ci hanno dato) riguardo al mondo e alla vita.
L’unica strada possibile è la riconnessione con la nostra Coscienza e ci si arriva in un modo soltanto, il Risveglio. E questa, credetemi, è davvero un’altra “storia”.